Il tempo e il femminile. Due concetti universali declinati sugli “umori” della natura umana, attraverso gli scatti del fotografo originario di Abadan, nell’Iran. Perché il tempo e il femminile appaiono come dimensioni altre che accompagnano l’individuo nella sua esistenza, divise da una sottile linea d’ombra.
Le immagini di Ali Aktar sono immerse in un bianco/nero fitto che diviene un cono d’ombra simile ad un buco nero che però non rende affatto cupi gli scatti medesimi.
Al contrario si ha l’impressione di guardare attraverso il famoso “terzo occhio” che è come aprirsi alla facoltà della chiaroveggenza per vedere cose che altri non vedono.
Non vi sono realtà urbane negli scatti di Ali Aktar, bensì paesaggi dell’anima che sono come dimensioni extrasensoriali. Il tempo è una di queste ed appare quasi in modo ossessivo in ogni scatto, ma si tratta di un “non-tempo” nel quale ogni soggetto ed oggetto pare galleggiare tra il finito e l’infinito. L’orologio che il gatto guarda dal basso è senza lancette e dunque privo di un mezzo di misurazione temporale.
Ogni immagine presentata in questo portfolio si trova a metà tra la fotografia e l’arte contemporanea, quasi litografie di un tempo sconosciuto, per nulla amico bensì tiranno nei confronti dell’individuo. Quest’ultimo, di fatti, appare ritratto come piegato su se stesso, spesso in posizione fetale che è come tornare ad una dimensione atavica dell’esistenza.
Sono corpi stanchi, provati da un passaggio attraverso l’intima interiorità che è come un percorso obbligato. La pelle sottile, le ossa in rilievo sulla spina dorsale come un pesce preistorico e poi il femminile. Perché la donna non è connotata nella sua individualità, bensì nella sua essenza naturale in quanto opposto del maschile.
E’ una femmina “femminile” quella ritratta da Ali Aktar: i lunghi capelli che fluttuano al vento, le lunghe dita sottili, le vesti ampie che le coprono il viso ma che lasciano scoperti gli occhi così come vuole la cultura islamica.
Non c’è né uomo né donna, ma soltanto l’individuo ed il viaggio che percorre attraverso i meandri dell’esistenza, lungo i corridoi fitti dell’anima che sono impervi da attraversare.
Perciò la posizione delle mani accartocciate su se stesse, il corpo chiuso nelle braccia che lo avvolgono come un fiore troppo fragile ed ancora impreparato alla vita. E poi le mani portate alla testa, in cerca della via maestra.
Immagini daliniane, illusionistiche ed al contempo metafisiche.
1- Spazio e tempo. Dove si trova la fotografia?
Nel mio paese, a causa dell’arretratezza eonomica e del progresso, la fotografia è un’arte poco considerata e senza tempo.
2- Cosa rappresenta pe Lei il bianco/nero in fotografia?
Fotografare in bianco/nero per me rappresenta un modo per tovare sintonia profonda con il soggetto, quasi un accordo. Fototografo in bianco/nero anche per trasmettere le mie emozioni agli spettatori.
3- Cosa prova quando scatta una fotografia?
E’ difficile per me esprimere i miei sentimenti quando fotografo nel modo che vorrei, perciò cerco sempre di scattare la foto giusta al momento giusto.
Contatto FB: Ali Akhtar
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
E’ come guardare attraverso il “terzo occhio” dell’anima, oltre la realtà.