Una canzone del 1972 cantava l’infanzia trascorsa felice nell’estate nuda della grande casa, un istante prima di diventar “adulta”. Si intitolava Mon enfance e a cantarla era Jacques Brel.
Gli scatti di Boy Jeconiah hanno l’infanzia dentro, intesa come stato d’animo che fluttua tra i piedi veloci dei giovani scolari di un piccolo paese dell’Indonesia del nord.
Boy Jeconiah è un insegnante e ciò traspare dal modo in cui approccia alla fotografia, ai soggetti che ritrae.
Non v’è nulla di più difficile che rappresentare l’infanzia, come si può imprimere in immagine un “pensiero bambino”?
Gli scatti di Jeconiah sono illuminati dai sorrisi e dal chiasso felice delle risate che è possibile cogliere distintamente se si “porge” con attenzione l’occhio all’immagine.
Spensierate, vivaci, queste immagini ritraggono un momento dell’esistenza che accomuna tutti gli individui, quando la scoperta del proprio “io interiore” incomincia a farsi strada nei giochi e nelle fiabe. E’ anche il momento dell’apprendimento attraverso il quale il bambino scopre un mondo altro da sé, nonché il senso di appartenenza ad una realtà specifica fatta di regole, valori e credenze.
Boy Jeconiah ritrae i propri allievi nei momenti più disparati della giornata, mentre corrono in cortile prima di entrare a scuola, mentre giocano e socializzano tra loro e con l’ambiente circostante. Sembra di scorgere questo fotografo-insegnate dietro una colonna del cortile della scuola o accanto ad un albero mentre con discrezione registra un istante d’esistenza che mai più tornerà: l’enfance.
Primissimi piani, visi paffuti e sorridenti illuminati dalla luce diurna caratteristica di certi luoghi, calda ed avvolgente.
I soggetti ritratti costituiscono al contempo come uno specchio riflesso della relazione che intercorre tra il fotografo-insegnante e loro: i bambini sembrano a proprio agio dinnanzi ad un obiettivo fotografico, addirittura pare che ne vadano alla ricerca. Così lo strumento d’osservazione, la macchina fotografica intesa come metonimia dell’occhio umano, diviene come un mezzo di socializzazione nonché d’espressione, per chi guarda e per chi è guardato.
1- In Indonesia, nel Suo paese, come è vissuta l’età dell’infanzia?
In Indonesia l’età dell’infanzia riveste un ruolo fondamentale, in quanto a partire dai tre anni i genitori comprendono quanto importante sia il gioco di gruppo, affinché nel bambino si sviluppi il senso di appartenenza ad una comunità ed apprenda il valore della condivisione. Tutto ciò è propedeutico per quello che sarà il cittadino del domani.
2- Lei è un insegnante. Quanto conta la scuola nel Suo paese e che ruolo riveste?
A mio parere, l’istruzione in Indonesia è molto importante.
Certo è che al mio paese preme poter essere al passo coi tempi e soprattutto con i paesi occidentali.
3- Fotografia ed infanzia. Qual é la relazione che vi intercorre?
Considero la fotografia un piacevole hobby per me. Porto sempre con me la macchina fotografica, anche a scuola dove ritraggo appunto il tempo dell’infanzia, della spensieratezza felice che leggo nei giochi dei bambini. Questi ultimi ispirano il mio modo di fotografare e la mia vita.
Contatto FB: Boy Jeconiah
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
Non v’è nulla di più difficile che rappresentare l’infanzia, come si può imprimere in immagine un “pensiero bambino”?