C’è uno spazio abitato di tanto in tanto, precario, transitorio.
E seppur di passaggio, se vissuto a lungo, si finisce per essere quel luogo. Luogo solo.
Cesare Salvadeo racconta il luogo dell’attesa e con esso il sentimento di solitudine che lì trova rifugio.
Nato a La Spezia, Cesare Salvadeo s’avvicina alla fotografia da bambino, con la prima macchina fotografica in bachelite.
Trasferitosi in Lunigiana, entra in contatto con la natura ed il mondo contadino, iniziato ai segreti della camera oscura dal fotografo di paese. Si dedica alla fotografia di reportage di tipo sociale, sviluppando un proprio linguaggio, sino al racconto del mondo contadino dell’amata Lunigiana a cui si interessa la stampa nazionale ed internazionale.
Cesare Salvadeo è un reporter di strada, il cacciatore di istantanee “street” di cui è espressione il portfolio qui presentato.
L’antropologo francese Marc Augé nel 1992, in Non-lieux. Introduction à une antropologie de la surmodernitè (opera tradotta in italia nel 1996, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità), annoverava i grandi fast food Mc Donald’s tra i “non luoghi”. Tuttavia, in una recente intervista, lo studioso ha affermato: “Non necessariamente Mc Donald’s è un non-luogo, perché se facciamo un’analisi oggettiva vediamo che ci sono giovani che lì trovano il loro spazio sociale”. Di fatti non è possibile dire che un “non luogo” è male e che un “luogo” è bene, in quanto per “non luogo” si intende propriamente uno spazio in cui non è possibile leggere relazioni sociali, mentre un “luogo” è lo spazio dove tale lettura è consentita.
Il Mc Donald’s della stazione ferroviaria negli scatti di Cesare Salvadeo è lo spazio delle “non relazioni”, per lo meno apparentemente. Uomini e donne ritratti nell’atto dell’attesa, tentando di colmare uno spazio che altrimenti sarebbe vuoto. Così il giovane musicista, l’anziano lettore, chi ne approfitta per riposare o chi aggiorna l’ultimo status Facebook.
Individuo alcuno ritratto sembra intrattenere relazioni con un altro da sé, così come rivela la postura dei corpi, accartocciati su se stessi. Eppure è uno spazio abitato dove, seppur di passaggio, trova rifugio l’individuo solitario- non solo, come vuole l’accezione negativa oramai divenuta comune- ovvero colui che è in aperto dialogo con se stesso.
Ovvia, nonché scontata a volte, appare la visione per cui gli “abitanti” dei cosiddetti “non luoghi” siano somiglianti più ad automi che ad esseri umani. Ma non è possibile che questi intrattengano invece comunque delle relazioni? E’ così improbabile credere che nel silente rumore di un affollato fast food trovi posto la riflessione individuale? In tal senso l’altro da sé non sarà che il “se stesso”.
Negli scatti di Cesare Salvadeo tali riflessioni individuali, o mondi interiori, divengono “pubbliche” abbandonando la loro natura intimistica, a causa di quella che può essere definita una vera e propria “collisione” con il mondo esterno. In tal senso il privato diviene pubblico dove l’intimità, deflagrata di ogni protezione, si pone come in vetrina. La solitudine degli individui solitari si vetrinizza, colmando lo spazio dell’attesa che diviene così spazio sociale.
Si osservi lo scatto qui sottostante: l’immagine appare somigliante ad uno di quei paesaggi urbani dipinti dal pittore americano Edward Hopper, luoghi soli con individui solitari. Lo scatto ha al suo interno una struttura poliedrica, in quanto è possibile individuarvi tre piani visivi: il bacio della coppia a sinistra, il ragazzo e l’anziano che siedono al tavolo di destra e lo spazio esterno, la stazione ferroviaria che si intravede fuori oltre le porte. Più che in tutti gli altri questo scatto contiene manifesta quella silente relazione individuale che si snoda tra i presenti, ognuno nel proprio spazio come raccolti in una campana di vetro con i pensieri che corrono fuori, lungo i binari.
1- Che definizione darebbe di fotoreporter?
Il fotoreporter è il testimone del tempo in cui vive.
2- Individui solitari o luoghi soli nei suoi scatti?
Sostengo che nei miei scatti appaiano prevalentemente individui solitari in luoghi soli.
3- Considera la fotografia un “luogo” o un “non luogo”?
Un “luogo”, pur nell’astrattismo del risultato.
Contatto FB: Cesare Salvadeo
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
La solitudine degli individui solitari si vetrinizza, colmando lo spazio dell’attesa che diviene così spazio sociale.