Fede, fotografia, Lucrezia e Domenico. Una casa, quella di Lucrezia, che è come un santuario di speranze e Domenico Tangro che ci entra dentro a tutti quei ricordi.
Si intitola Who I am, Where I am il portfolio fotografico di Domenico Tangro, nel quale forte si esprime la cifra stilistica tipica del racconto fotografico italiano. Emerge di fatti una grande attitudine alla narrazione, la quale in fotografia presuppone quasi sempre un lungo lavoro di ricerca e di studio della realtà che si sceglie di ritrarre.
Domenico incontra Lucrezia nella sua casa che apre spogliandosi di quella privatezza che è propria ad ognuno, offrendo al fotografo il tesoro più prezioso, l’intima essenza.
Nella disciplina della sociologia delle immagini i teorici pongono l’accento su quanto sia indispensabile condurre una ricerca qualitativa, in primis la tecnica delle storie di vita, sul profilo dei personaggi che vengono indagati.
Avviene in questo caso dove gli scatti trasudano attimi di conversazioni piacevoli e dialoghi profondi a tu per tu con Lucrezia, che siede in posizione ieratica mentre stringe tra le mani l’icona più significativa, quella che la ritrae accanto al marito. Gli scatti di Domenico Tangro non soltanto ritraggono un’abitazione che sembra essersi fermata agli anni ’70 del Novecento, ma paiono essere contemporanei proprio a quel tempo.
Una luce aranciata, malinconica e a tratti anche melanconica, accende le stanze della casa di Lucrezia che ha disseminato icone religiose e simboli votivi in ogni angolo, tra i mobili in formica, per ritrovarsi ogni volta tra un “who I am” e un “where I am”.
La fede di Lucrezia è come un nuovo credo, che vede un dialogo intimo con l’ultraterreno, al quale ha scelto di aderire per primo Domenico Tangro.
La religione è “l’oppio dei popoli”, scriveva il teorico Karl Marx, lo è anche la fotografia che in una società come quella contemporanea risulta essere la forma d’arte più vicina alla sensibilità dell’uomo moderno, in quanto immediata e sincera.
1- Definisca “racconto fotografico”.
Stando alle regole proprie della fotografia, il racconto fotografico è il risultato di un’ intensa e meticolosa ricerca che culmina nella narrazione di qualcosa attraverso le immagini, immagini che funzionano solo laddove capaci di comunicare l’essenza dei soggetti o delle circostanze raccontate, suscitando quantomeno curiosità nei fruitori. Nel mio approccio alla fotografia invece, la fase di studio e di ricerca sono processi inconsci e apparentemente inesistenti, questo perché, per il mio modo di essere , il racconto fotografico non è altro che il frutto di una totale immedesimazione nelle situazioni e dunque delle sensazioni che le stesse mi provocano, portandomi naturalmente a scattare una foto piuttosto che un’altra. Il racconto si presenta dunque come la sintesi delle sensazioni che i luoghi o le persone mi trasmettono e che inconsapevolmente tirano fuori la mia essenza.
2- La religione, scriveva qualcuno, è “l’oppio dei popoli”. Pensa che lo sia anche la fotografia?
Nel periodo storico in cui viviamo credo che questa affermazione possa per certi versi essere vera. Oggi la fotografia è alla portata di tutti ed è parte integrante delle nostre vite, non si presenta più come dimensione intima e privata ma nasce con l’obiettivo di poter essere “condivisa” diventando cosi’ spesso mera finzione, non solo per chi la guarda ma soprattutto per chi la scatta. Tutti possono, attraverso uno scatto postato sui social, occultare uno stato d’animo o un particolare momento mostrando al resto del mondo solo quello che i propri occhi vogliono vedere e far trasparire…prendersi in giro ”fa bene” agli altri ma più ancora alla propria anima e può essere una “consolazione” in grado di distrarre lo sguardo dalla realtà…questa è la mia lettura dell’utilizzo che la gente fa oggi della fotografia. Personalmente invece ritengo che essa debba sempre corrispondere a verità e non falsare le cose, è ovviamente il frutto di un processo interpretativo del tutto personale ma l’interpretazione è una cosa, la menzogna un’altra. La fotografia deve rispettare la realtà delle cose senza alterarne l’essenza, altrimenti perderebbe la sua ragion d’essere.
3- Afferma che la fotografia la sorprende, cosa intende?
A sorprendermi della fotografia è quello che riesce a creare, è un mezzo con cui spesso riesci ad entrare in contatto con persone e luoghi in cui non è permesso arrivare a mani nude. La fotografia mi sorprende perché mi consente di entrare in relazione con le vite degli altri e farle diventare un po’ mie. Prima di scattare una foto mi piace fare lunghe chiacchierate con le persone e fare in modo che possano sentirsi a proprio agio con me, solo quando credo di aver capito chi ho difronte e quando sento che si è instaurato un legame, solo allora scatto e solo cosi riesco ad essere soddisfatto del risultato.
Contatto FB: Domenico Tangro
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
Una luce aranciata accende le stanze della casa di Lucrezia che ha disseminato simboli votivi in ogni angolo, per ritrovarsi ogni volta tra un “who I am” e un “where I am”.