V’è nella parola “casa” il sentimento dell’appartenenza.
Non ha importanza dove si trovi lo spazio della casa, si è “casa” ovunque essa si trovi.
Immersa nel folto di un bosco d’alberi di cedro sorge una villa patrizia voluta dalla Duchessa Maria Amalia di Borbone nella seconda metà del XVIII secolo. Il suo nome è Casino dei Boschi e sorge nella campagna circostante la città di Parma.
Nonostante i riferimenti storici pervenuti, guardare gli interni di questa casa è come vivere al di fuori d’ogni tempo nella Storia.
Giancarlo Petroni racconta una storia, non vi sono persone o oggetti, v’è un b/n imponente che abbraccia la scena intera.
Corposo, pastoso, intenso ed in grado di favorire una “drammatizzazione” dell’immagine, così come è solito affermare questo fotografo dal tocco impattante ed al contempo elegante.
Di fatti questa villa, dalle fattezze aristocratiche, appare come un grande teatro, le cui stanze s’aprono immense come quinte.
Queste appaiono come imbevute del b/n materico e così facendo rende animato ogni oggetto “inanimato”, come colmo di un sorprendente animismo: s’aprono così grandi porte intessute di motivi floreali che paiono arabeschi che scivolano come dervisci oltre il legno lungo il pavimento; affreschi, grossi scaloni ma anche stanze vuote ed immense come universi di storia antica.
E’ inevitabile, di fatti, cogliere la tecnica d’inquadratura larga che conferisce all’immagine ampiezza, tale per cui queste stanze appaiono ancor più spaziose e sembrano respirare.
Lo spettatore che guarda ha la sensazione di perdersi dentro questi luoghi ritratti con meticolosa tecnica e spiccato gusto estetico. Un’antica villa perduta nei boschi della campagna parmigiana dove il fotografo scopre un sentimento d’appartenenza e trova la “casa”.
1- Nel Suo reportage racconta la storia di una “casa”. Che significato ha per Lei la parola “casa”?
Intimità, affetti, calore, teatro di vita nel bene e nel male
2- Qual è la storia che ci vuole raccontare in queste immagini?
Non proprio una storia, alcuni flash sul passato di una villa patrizia costruita nella seconda metà del ‘700 da Maria Amalia di Borbone. Sempre nel fotografare luoghi abbandonati, qualunque sia stata la loro ragione di essere, si ricercano indizi della vita che vi fu. Questa ci parla di lusso, di fasti, di vita di corte, ma anche di lavoro e di attività compatibili con l’ ambiente naturale. Credo che sia un buon esempio di un microcosmo patriarcale.
3- Scegli il b/n . Quale sono le sue potenzialità?
Mi viene in mente un ‘intervista al grande maestro Gianni Berengo Gardin, in cui egli sostiene che la nostra generazione è cresciuta in una cultura visiva in b/n. La stampa, il cinema e poi anche la televisione, e quindi si ha un’ attitudine per l’immagine monocromatica che è anche culturale. Sostiene anche che la lettura di un’ immagine senza colori ci porta all’essenziale senza la distrazione e l’ influenza del colore. D’altra parte la parola stessa “fotografia” fa pensare ad una scrittura fatta di luce e di assenza di luce, con innumerevoli gradualità intermedie.
Contatto FB: Giancarlo Petroni
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
Non ha importanza dove si trovi lo spazio della casa, si è “casa” ovunque essa si trovi.