Il Sâdhu (dal sanscrito साधु sādhu, «sant’uomo») è un induista asceta che dedica la propria vita all’abbandono, alla rinuncia della società. Giangavino Contini racconta l’India dei Sâdhu scegliendo la società, mescolandosi con e tra la gente, fino a toccare le vite degli altri. Lo fa in modo “mistico”, guardando a vista chi vuol restare nel proprio “ascetismo”, cercando un contatto diretto con chi accetta di raccontarsi.
Gli scatti di Giangavino Contini alternano sapientemente il b/n al colore, restituendo allo spettatore l’impressione di essere lì, esattamente dov’era il fotografo. L’immedesimazione è immediata tra gli ambienti umidi e fatiscenti, dalle alture della città di Jaipur, nell’autenticità di Samode, sino alle meraviglie del Taj Mahal e la città santa di Varanasi. Scatto dopo scatto si scopre il sentimento appassionato di questo fotografo che è anche esploratore, nonché un senso di stupore intrinseco in ogni sguardo, dietro ad ogni angolo dell’India dei Sâdhu. Persino il Taj-Mahal, costruzione rappresentativa dell’India, sembra perdere i contorni nella fotografia di Giangavino Contini, appare sospeso tra cielo e terra così da essere ancora più misterioso e “mistico”. E’ un’India diversa quella raccontata da Giangavino Contini che si definisce fotografo e al contempo viaggiatore. Lungo ogni strada individui e paesaggi appaiono come una costante sorpresa, si ha l’impressione di guardare con gli occhi di questo fotografo che s’affaccia dal punto più alto della città di Jaipur e vede l’India.
1- Si considera viaggiatore o fotoreporter?
Direi un po’ l’uno e un po’ l’altro, nel senso che amo viaggiare avendo un occhio di riguardo non solo verso gli scorci suggestivi di un paesaggio, ma anche cercando di focalizzare l’attenzione sugli usi e i costumi di un popolo, per raccontare dei suoi colori e della sua gente. Intendo il viaggio, quindi, anche come scoperta, avventura, esplorazione. Viaggio e fotografo luoghi e persone per farne cronaca attraverso le immagini della fotocamera. Non riuscirei a concepire un viaggio privo di un reportage fotografico.
2- Ci racconti del primo viaggio che ha compiuto, “a bordo” di una macchina fotografica.
Ricordo che ero molto eccitato al pensiero di dover girare per le strade spagnole con la macchina fotografica a tracolla, era nel 1980 e conoscevo per sommi capi come funzionava la Fujica che mi prestò mio fratello, ma nel contempo non volevo sembrare il classico turista. In definitiva andò tutto bene anche se le foto erano quelle tipiche da “cartolina”.
3- E’ necessaria una certa dose di discrezione in fotografia. Per ottenere un buono scatto, fin dove è possibile spingersi?
Certamente in fotografia la discrezione è quasi un obbligo, in special modo quando si tratta di dover riprendere delle persone. Bisogna dire però che bisogna essere anche coraggiosi, mi spiego meglio, nella maggior parte dei casi un sorriso abbatte qualsiasi ostacolo e mette a proprio agio la persona che si desidera riprendere. Se necessario, qualora la reazione del soggetto da ritrarre dovesse essere ostile, gli spiego perché desidero quell’ immagine. Nel caso in cui qualcuno non volesse essere ripreso, accetto la volontà espressa e mi allontano.
Contatto FB: Giangavino Contini
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
L’India dei Sâdhu raccontata scegliendo la società, tra la gente, fino a toccare le vite degli altri.