L’aria calda e dolciastra del Karnataka riempie il vagone.
Sul treno che viaggia nell’aria calda e dolciastra del Karnataka c’é un bambino.
E’ il viaggiatore diretto a ಬೆಂಗಳೂರು, che in lingua kannada significa Bengalūru.
“E’ l’origine di tutto, è ancora un paese dove il divino è nella quotidianità della gente, nei gesti”, scriveva Tiziano Terzani raccontando l’India che vedeva con i suoi occhi.
Harsha Vardhan, a.Harsha Hellacious, è uno streetphotographer che racconta gli occhi di Bangalore.
L’India la si riconosce dai colori caldi ed accecanti dei paesaggi delle città affollate e delle spezie che paiono colorare il cielo.
Negli scatti di Harsha Vardhan un’India diversa volge lo sguardo allo spettatore, quella che egli potrà soltanto cercare al di là del visibile. Ed è allora, cercandola, che appare negli occhi di Bangalore. Perché il nome di un paese è come il nome di un uomo che ha la storia di un popolo intero.
Prima del colore, prima della luce, occhi.
Occhi scuri come satelliti riflettono i contorni di un mondo lontano, ma la cui storia appare infinitamente vicina quando si è in grado di guardare così profondamente.
Così si ha l’impressione di viaggiare al passo del fotografo, qui lento e misurato perché nessuna vita sfugga alla propria attenzione.
Si percepisce il movimento di un occhio sensibile, che scruta con posatezza, ed al contempo vivido in grado di cogliere ogni sfumatura emozionale.
Perciò uomini, donne, giovani ed anziani appaiono in posa, come impossibilitati a sottrarsi al racconto nel suo farsi.
V’è una bellezza dell’estetica e dei sentimenti negli scatti di Harsha Vardhan, questi ultimi esplorati con chirurgica discrezione in immagini che paiono come quadri ove tutto è composto ed attraente, persino la povertà.
Il b/n puro ed intenso accende i volti e s’alterna ai colori che esplodono vividi come la donna in blu.
Uno scatto, che l’autore titola A waiting heart, ritrae una donna seduta ai piedi di un autotrasportatore.
E’ un cuore in attesa il suo, ha gli occhi che appoggiano in un altrove indefinito, appare lontana e nella sua “quotidianità dei gesti” risiede la grazia del divino.
1- Molti scrittori hanno affermato che l’India è l’origine di tutto. Che cosa ne pensa?
Per più di tremila anni l’India ha creato costantemente e abbondantemente con una forza inesauribile: repubbliche, regni, imperi, filosofie, cosmogonie, credenze, arti, poesie e monumenti, palazzi, templi, comunità, società , ordini religiosi, leggi, codici e rituali, scienze fisiche, scienze psichiche, arti spirituali, mestieri, industrie – la lista è infinita. La parola “inizio” e la parola “creatività” sono inscindibili al fine di garantire il bene della mia India.
2- Cosa rappresenta il viaggio per Lei?
La cosa che maggiormente mi entusiasma del viaggio è l’emozione che risiede nel poter creare arte da ciò che ci circonda tutti i giorni, direttamente dalla quotidianità. Adoro tutto ciò e il mio lavoro assume una sfaccettatura immediatamente differente che mi intriga profondamente.
Ho imparato molto sulla vita e sto facendo tesoro delle esperienze che ho vissuto nei luoghi del mio cuore che più ho amato e che amerò per sempre.
3- Nei Suoi scatti appaiono uomini, donne, bambini. Quali sono gli occhi di Bangalore?
Le strade di Bangalore sono così piene di vita che non si sa mai quello che si potrebbe incontrare voltato l’angolo. E’ intrisa di storia, culture diverse e le anime più belle sono quelle che incontro lungo la strada.
V’é una bellezza dell’estetica e dei sentimenti, ricercata nella “quotidianità dei gesti”.
Contatto Fb: Harsha Hellacious
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel