Un’antica fiaba persiana narra di tre principi e di un viaggio alla scoperta di cose di cui non erano in cerca. Le intuizioni dei tre principi erano sì dovute al caso, ma anche allo spirito acuto e alla capacità d’osservazione in quanto animati da “Serendip”, spirito della serendipità.
Ksenija Spanec viaggia, scopre e trova. D’origini croate, membro del collettivo fotografico Kadar36, cammina lungo le strade della città Zagreb cogliendone istanti irripetibili, ciò che in gergo fotografico si usa definire “snapshoot”.
Il termine “serendipità” indica la fortuna di fare felici incontri e scoperte per puro caso, ed anche il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra.
Gli scatti di Ksenija Spanec si mostrano come frammenti, ma a ben guardare ci si accorge che è mera apparenza. Il fil rouge che li unisce è quello della scoperta e del successivo senso di sorpresa ed eccitazione intessuti nella serendipità di ogni scatto colto. Seppur sembra non accadere nulla, nelle immagini di Ksenija Spanec si coglie un movimento, quello del pensiero che guizza all’incontro con l’imprevisto.
Cosa accade nell’istante in cui si incontra un’immagine e cosa ne stabilisce la natura intrinseca?
La realtà circostante non è certamente costituita da immagini predefinite, bensì s’offre costituita da costruzioni e teorie d’azioni che l’occhio umano assembla con la propria sensibilità in base a ciò che percepisce. Perciò occorre distinguere tra natura e serendipità, in quanto l’immagine fotografica non esiste in natura bensì esiste nell’occhio di chi guarda, mediante il quale sussiste di significato.
Così accade nella fotografia di Ksenija Spanec dove ogni angolo, ogni vetrina, ogni luogo e personaggio costituiscono lo scatto colto che si specchia nella serendipità del caso.
Ne derivano immagini oniriche, surreali, talvolta persino metafisiche dove mondi duplici e diversi dialogano oltre la linea del tempo. Perciò lo spettatore avrà l’impressione di camminare lungo le strade di Zagreb e specchiarsi in un altrove misterioso ed immaginifico e riempirlo di significato.
Se è vero che un testo vive di interstizi perché sia il lettore a colmarli di significato – secondo quanto espresso da Umberto Eco in Lector in fabula – allora anche un’immagine può essere considerata un luogo da abitare.
Si immagini una strada e in fondo una donna. Non si è alla ricerca, la donna è la cosa non cercata, sopraggiunta nell’imprevedibilità del caso.
L’occhio la guarda, la coglie e la vede: l’immagine.
Cos’è che rende un frammento di realtà immagine?
Quando iniziai ad interessarmi di fotografia (troppo tardi nella vita), non immaginavo dove mi avrebbe condotto il desiderio di conoscenza. Iniziai a scoprire pian piano questo meraviglioso mondo ed al contempo divenni consapevole che questo viaggio non sarebbe mai finito, perché sempre sarò alla ricerca di risposte alle mie domande e quindi mai finirò di fotografare. In tale processo la visione del mondo cambia, così come si susseguono cambiamenti dentro di noi.
Al inizio “raccoglievo” immagini incontrate per strada, senza mai sapere cosa nella mia ricerca avrei incontrato.
Mi perdevo in questi momenti magici, che forse per tutti gli altri erano solamente frammenti di realtà’. La magia del momento che diviene un’immagine fatta di luce che renderà una comune realtà qualcosa di speciale.
La composizione poi, almeno per me, è qualcosa di istintivo perché quando vedo un’ immagine, la vedo e basta. L’immagine che scatto è prima di tutto nella mia mente, ma gli attimi che dividono la nascita di una “fotografia mentale” da quella ripresa con la macchina fotografica sono veramente pochi.
Quando l’occhio di Ksenija Spanec vede un’immagine, che tipo di emozione prova?
Oltre agli “ingredienti” che fanno un’immagine tale, c’e lo stato della mia mente che deve essere pronta per riconoscere, per raccogliere, deve essere in grado di lasciarsi trasportare in un’altra dimensione in cui esiste solo quel frammento di realtà che diverrà fotografia. Questi sono gli istanti di euforia, entusiasmo, felicita’ ma anche di tristezza, di melanconia, di solitudine.
Si specchi in una delle sue immagini. Cosa vede?
In ogni mia fotografia ci sono io ed io sono tutto questo. Sì, mi specchio nelle mie immagini. La fotografia è il mio diario visivo, le mie parole mai pronunciate ma raccontate attraverso di essa.
Contatto: Ksenja Spanec
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
Il termine “serendipità” indica la fortuna di fare felici incontri e scoperte per puro caso, ed anche il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra.