Nel suo ultimo film Giuseppe Tornatore fa muovere i suoi personaggi in una stanza senza finestre ma con un foro su una parete dal quale Claire Ibbetson spia la miglior offerta che le potesse capitare.
Così guardare la realtà attraverso un foro stenopeico garantisce una profondità di campo pressoché totale. La migliore offerta.
Si intitola Questa terra è la mia terra il racconto fotografico di Paolo Barbaresi, una produzione annuale di circa 400 scatti con tecnica stenopeica, in mostra al Nero Cafè di Pesaro.
Artigiano della fotografia, mai parole furono più giuste, suona per Barbaresi come il nome di un’essenza da cui aspettarsi chissà quali suggestioni odorose.
Costruttore di immagini, fabbricante di sogni e chi più ne ha più ne metta, Paolo Barbaresi guarda il mondo attraverso un foro stenopeico e vede il mare, il suo, e la terra a cui appartiene.
Si immagini di trovarsi in una stanza senza finestre ma con un foro al centro di una parete; sulla parete opposta al foro si vedrà proiettata- sottosopra – la scena che si trova all’esterno della stanza. Il piccolo foro si comporta quindi grossomodo come un obiettivo e la stanza oscurata da vera e propria camera oscura, nell’accezione originale del termine.
Ripercorrere oggi la strada della fotografia stenopeica non è semplicemente moda o mera controtendenza, perché riscoprire le origini nelle quali affondano i fenomeni di trasmissione della luce è affascinante quanto imprescindibile.
Una scatola chiusa a perfetta tenuta di luce, annerita al suo interno con un foro detto “stenope”, è la tecnica impiegata da appassionati ed artisti della fotografia per le proprie ricerche espressive.
Perciò Paolo Barbaresi è un artigiano della fotografia ma anche un artista della fotografia perché artefice e subito diretto spettatore di un processo creativo.
Si interroga, oltre le proprie contaminazioni e gli insegnamenti dei grandi, cerca ed interpreta, sottoponendo la fotografia medesima ad un sistema fatto di prove ed errori che è anche catartico, mosso da una affamata curiosità.
Negli scatti di Paolo Barbaresi l’elemento del foro costituisce un vero e proprio leit motiv che si esplica visivamente in una forma circolare ricorrente. Così la scarsa nitidezza delle immagini, dovuta ai raggi luminosi provenienti dal soggetto che divergono e creano piccoli cerchi, ispira una dimensione onirica dall’allure misterioso in cui lo spettatore sembra risvegliarsi da un sogno. Così il foro diviene occhio e telescopio con cui guardare il mare e la terra, un viaggio oltre la realtà visibile sino a quella immaginifica dove i contorni si fanno fumosi e le cose perdono nitidezza e divengono altro.
La realtà è quella che la luce rimanda attraverso un foro, passando per gli occhi. Quella, signori, è la migliore offerta.
1- Paolo Barbaresi guarda attraverso un foro stenopeico. Cosa La guida nella costruzione di una nuova macchina?
Mi guida la voglia di sperimentare, la voglia di costruire un’ immagine onirica e fantasiosa. Cerco sempre di associare il foro alla situazione in cui mi trovo sino a rendere mia quell’immagine. Spesso rimango affascinato da ciò che riesco a fare ma accade anche che io non sia pienamente soddisfatto.
L’incontro con Mario Beltrambini ha allargato i miei orizzonti, il digitale mi aveva fatto perdere il desiderio di scattare, i suoi insegnamenti furono di grande aiuto perché mi permisero di ritornare ad amare la fotografia attraverso quel foro e a riprendermi l’analogico. Oggi sono felice.
2- Che significato attribuisce all’espressione “artigianalità della fotografia”?
Questa è una domanda molto importante in quanto racchiude l’intera essenza del lavoro stenopeico. Costruirsi una macchina, scattare e poi trovarsi in camera oscura consente di appropriarsi dell’immagine in maniera totalizzante. In poche parole: sei l’artefice unico di quello scatto, e credimi, quando vedi l’immagine nella vaschetta che prende forma è motivo di grande soddisfazione perché in quel momento mi sento davvero un’artigiano della fotografia.
3- Gli scatti qui presentati fanno parte del lavoro Questa terra è la mia terra. Qual é e come é la “terra” di Paolo Barbaresi?
Ho voluto racchiudere in questo portfolio il sunto di un lavoro, che dura da circa 15 mesi, costituito da 400 scatti. Un piccolo racconto che racchiude l’amore che nutro per la mia terra che non cambierei con nessuna.
Sono nato in una città di mare e dopo 27 anni l’ho lasciata per poi trasferirmi nell’entroterra. Passare dal mare alle colline mi ha permesso tante riflessioni che ora con questo lavoro cerco di raccontare. Un passaggio che ho apprezzato e che tutt’ora non rinnego.
Prima sentivo l’odore del mare, oggi sento quello della terra. Entrambi hanno lo stesso sentimento. Mi sopraggiunge un frammento tratto da This land is your land di Woody Guthrie: “C’era un grande muro alto che cercava di fermarmi con un cartello dipinto che diceva – Proprietà Privata- ma dall’altra parte non v’era scritto niente. Questa terra è stata creata per te e per me.”
La realtà è quella che la luce rimanda attraverso un foro. La migliore offerta.
Contatto Fb: Paolo Barbaresi
Per Pholio: Ilaria Sciadi Adel