C’era una volta un pastore di sogni, le sue sculture e la Sicilia, come in una fiaba. Perché il luogo ritratto è fuori dal tempo e in uno spazio vasto senza confini che alla vista viene da perdersi col respiro.
Piero Albertelli è pure lui siciliano, nel senso che è “figlio” della sua terra, gli appartiene, così come l’isola è solita fare con gli uomini. Li possiede con amore.
Questo senso di appartenenza alla terra è vivo nel linguaggio stesso del racconto, che sembra edulcorare anche certi spazi aspri ed esposti al vento salino della Sicilia.
L’azienda Rocca Reina, di proprietà dello scultore Lorenzo Reina, è insieme fattoria didattica, laboratorio d’arte, museo, teatro, ovile. Così la terra, che è protagonista assieme a Lorenzo di questo racconto fotografico, appare come un teatro a cielo aperto che è come la cornice della vita di un uomo solo con la natura.
Pietro Albertelli ritrae Lorenzo Reina solitario assieme alle proprie opere, un po’ “anime” e un po’ “pecore”.
La parola “pastore” è qui declinata nella sua pienezza, perché le opere di Lorenzo Reina sono come grossi monoliti sparsi, che sovrastano talvolta promontori e alture.
Appaiono come sculture azteche a volte ed altre come profili greci stagliati nella pietra. Parlano a Lorenzo e a Pietro ed anche allo spettatore, statue dense di quell’animismo tipico di certe religioni o pratiche di culto in cui vengono attribuite qualità divine o soprannaturali a oggetti, luoghi o esseri materiali, in una relazione profonda tra spirito e materia.
Così facendo Pietro Albertelli rende anche la Sicilia stessa oggetto di questo panpsichismo, in un dialogo profondo tra sogno e realtà.
1- Se dovesse accostare alla “Sicilia” un’immagine fotografica, questa cosa ritrarrebbe?
Sicuramente sarebbe il “mare”, perché è l’anima della Sicilia. Racchiude il contraddittorio di questa terra, luogo dove ti puoi divertire, rilassarti, o solamente ammirarlo, ma misterioso e pericoloso.
2- Isola, gente e fotografia. Quale il legame?
La Sicilia è una terra fantastica piena di vita e di cultura, attraversandola ti imbatteresti in luoghi e situazioni che non potresti fare a meno di fotografare, questa terra sembra un mondo a sé. Il grande Scianna ha ragione quando parla della fotografia e dice che le fotografie vengono da te, e questa terra ha tanto da dare.
3- Secondo Lei quale significato assume quest’oggi l’espressione “fucina fotografica”?
Nella fotografia si è fatto tanto e le idee al 100% originali sono poche.
Ci sono buone cose in giro, ma poche non ti danno l’idea del già visto.
A parte la cronaca giornaliera, si vedono lavori di argomenti già trattati con buona interpretazione soggettiva. Vedo più gente che insegna di quella che fa.
Contatto FB: Pietro Albertelli
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
Parlano a Lorenzo e a Pietro ed anche allo spettatore, statue dense d’animismo