Il popolo dei Lucani prende il nome dal latino “lucus” che deriva da “lux” ed indica originariamente non tanto il bosco, quanto lo spazio luminoso che in esso si trova, ossia la radura. In questo modo i Lucani appaiono come gli uomini delle radure e quindi dei pascoli.
Rocco Carnevale è un lucano e un abitante delle radure dell’animo umano, in cerca dello spazio luminoso sotto il quale stare.
Le immagini qui presentate costituiscono un viaggio che non ha una meta definita, bensì un “andare” che viene da dentro, nelle profondità dello spirito.
Rocco Carnevale è un fotografo tecnicamente sapiente sì, ma prima di tutto egli è un fotografo sensibile così come lo è la pellicola fotografica alla luce.
Qui dove sono si chiama questo viaggio e il titolo scelto dall’autore per il portfolio conduce di già lo spettatore in un preciso spazio: l’avverbio di luogo “qui” fissa una dimensione che è vicina a chi guarda e intrinseca nel fotografo che è anche l’abitante del luogo; mentre l’altro avverbio “dove” è rafforzativo e al contempo dispersivo perché la dimensione suggerita da Rocco Carnevale è reale da un lato quanto ideale dall’altro. Emozionale, spirituale, sensibile.
Si ha l’impressione di viaggiare in un sogno, perché da sempre Rocco Carnevale sogna ed immagina a bordo della sua macchina fotografica, sin da quando aveva sedici anni e con la prima reflex iniziava ad avvicinarsi al mondo della fotografia da autodidatta.
Qui dove sono è un quaderno d’appunti, ricordi, pensieri, un viaggio incompiuto lungo la terra natia dell’autore e alla ricerca di questa.
Le immagini presentante sono come immerse in un cono d’ombra che non è sinonimo di mancanza di “lux”, bensì una “eco iconografica” del luogo della mente, che pare di guardare non tanto attraverso un obiettivo fotografico quanto attraverso un occhio umano, il terzo forse. Una terra amata ed odiata, pensata, cercata ed anche trovata per riscoprirla ed “innamorarla”.
1- Che significato assume per Lei l’espressione “fotografia intimistica”?
Robert Capa diceva: “Se la foto non è buona vuol dire che non eri abbastanza vicino.” E se provi a spingerti ancor più vicino? Più vicino a tal punto da riuscire quasi a sentire i pensieri delle persone? Succede che puoi avvertire gli stati d’animo, i sentimenti, cogliere la vita spicciola. Insomma una fotografia priva di retorica, senza rumore e con tanti pezzi di vita, momenti da raccontare. E poi, quando racconti un momento della tua vita, in qualche modo ti trovi in entrambi i fronti della fotocamera, un ritratto in cui forse, senza accorgerti, puoi ritrovarti più a nudo di quel che pensavi.
2- Rocco Carnevale e la Lucania, amante ed amata. O anche odiata? E perché? Ci spieghi meglio il rapporto con la Sua terra.
La Lucania vive un altro tempo. Forse come altre regioni del sud o forse di più. Questo diverso vivere genera conflitto con i più giovani.
Ad un certo punto si crea una spaccatura. Ti senti privato di qualcosa, qualcosa che senti come parte importante del tuo futuro e non ti fa più sognare o anche forse troppo. E’ un peso enorme che nella maggior parte dei casi ti costringe ad andar via, lontano. Ma è la tua terra, dove ti hanno visto crescere e dove hai visto invecchiare. Continuando a vivere capisci il senso di tutto, in qualche modo ci ritorni, anche se non te ne sei mai andato, te ne innamori, di nuovo.
3- Italo Calvino parlava di “città invisibili”. Qual’ la Sua?
Non ho immaginato un modello di città, un mio habitat ideale, non ne ho mai avvertito l’esigenza. Penso che ci sia più fascino e che sia più interessante scoprirla pezzo per pezzo. Ciò è forse dovuto all’influenza che la fotografia ha sulla mia vita. Sicuramente nel mondo che vorrei ci sono aspetti, valori dei quali non posso fare a meno, uno tra tanti il rispetto per il pensiero altrui.
Contatto FB: Rocco Carnevale
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
Le immagini qui presentate costituiscono un viaggio che non ha una meta definita, bensì un “andare” che viene da dentro, nelle profondità dello spirito.