L’uomo che amava le donne era il titolo di un celebre lungometraggio.
Stavolta succede in fotografia e per davvero.
Si chiama Ronnj Medini l’autore di La Sirena, il racconto fotografico attraverso il quale un occhio maschile guarda all’universo femminile in un modo tutto nuovo.
Negli scatti di Ronnj Medini tutto appare diverso, lontano dai fatti di cronaca che raccontano la società di oggi.
Ciò che sorprende è che sia proprio un uomo a dar voce al “canto della sirena”, messo troppo spesso a tacere dalla violenza perpetrata per mano di uomini troppo poco umani.
Una tappezzeria a stampa geometrica racchiude ciò che vi succede all’interno, come in una spirale vorticosa di azioni e sentimenti.
Una lite violenta, una donna un uomo e un canto, per troppo tempo rimasto muto. I colori dell’ambientazione cambiano al passaggio dalla prima alla seconda serie: caldi prima, quasi ad interpretare cromaticamente l’intensificarsi del confronto, freddi poi quando la “sirena” sprigiona il suo canto.
Si noti come sia l’uomo a tacere, anzi è lui medesimo ad ammutolirsi tappandosi la bocca con le mani: il canto della “sirena” lo possiede.
Piangente e sofferente la “sirena” si spoglia della sua natura sovrannaturale per essere umana: la violenza, che le ha strappato la femminilità,- così come si legge dai seni privi di capezzoli, simbolo di maternità- la fa gridare e l’urlo pare oltrepassare le pareti immaginifiche della fotografia.
“Finché morte non ci separi” non è la promessa giurata a qualcuno, bensì un giuramento eterno nei confronti del proprio essere e della propria individualità.
Finché morte non ci separi, donna.
1- Intitola il Suo portfolio La Sirene. Chi sono oggi le “sirene”?
Conosciamo storie di sirene assassine ed altre di sirene innamorate, ma in entrambi i casi era proprio la loro voce, il loro canto, ad attirare amore o morte. Ogni giorno una donna può diventare una sirena, quando le sue capacità di analizzare il sottile, di introspezione, di comprensione silenziosa e sopportazione riescono a tramutarsi in voce, in un grido capace di segnare l’inizio di un cambiamento o la realizzazione di una consapevolezza
2- È uno sguardo maschile il Suo su l’universo femminile. Cosa vuol dire per Lei essere Donna oggi?
Non definisco questo progetto come “uno sguardo al maschile su”, ma semplicemente il viaggio di uno spettatore imparziale. Se si parte dal presupposto della diversità, si corre il rischio di innescare preconcetti che, oltre ad alterare la capacità di giudizio, annebbiano tutte le sfumature di ogni singolo individuo. Se penso cosa vuol dire essere donna oggi, penso prima a quanto sia difficile essere un individuo: ci sono fragilità, paure, debolezze in ognuno di noi, così come armonie ed equilibri, ma queste cose mutano nel tempo, mutano con noi attraverso le esperienze e la crescita. Quello che posso dire, però, è che la donna ha senza dubbio un’innata predisposizione per le attese e per il tempo che necessita ogni cosa. Sa dare un valore aggiunto alla sofferenza, e attraverso di essa dà la giusta importanza a ciò che causa il dolore stesso.
3- Immagini che a dire “Finché morte non ci separi” sia una donna. Dagli altri, dagli uomini o da se stessa?
Ottima osservazione: nella maggior parte dei casi, un uomo non dà altri significati alla parola morte. “Finché morte non ci separi”, fino a quando uno di noi smetterà di vivere. La sintesi è più complessa se si pensa in quanti modi si può morire. Ovviamente quando muore l’anima, la separazione avviene da se stessi ed è questa la prima morte che una donna riesce ad avvertire.
Contatto FB: Ronnj Medini
Per PHOLIO: Ilaria Sciadi Adel
“Finché morte non ci separi” non è la promessa giurata a qualcuno, bensì un giuramento eterno nei confronti del proprio essere e della propria individualità.